Il Tribunale di Benevento ha emesso una sentenza assolutoria nei confronti di un uomo di 47 anni residente ad Ariano Irpino, accusato di abusi sessuali contro la propria figlia, allora di 8 anni. Gli episodi contestati risalivano al periodo compreso tra il 2015 e il 2016, allorché – secondo l’accusa – l’imputato avrebbe approfittato dell’assenza della moglie per costringere la minore a subire atti sessuali. Nel corso del processo, il pubblico ministero Marilia Capitanio ha richiesto l’assoluzione con formula dubitativa, sollevando dubbi sull’attendibilità delle prove e sull’elemento soggettivo necessario per la condanna. D’altro canto, l’avvocato Giancarlo Di Gregorio, che rappresentava la parte civile, aveva sostenuto la tesi dell’imputabilità proponendo anche il pagamento di una provvisionale da 100 mila euro nei confronti della vittima. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che non fossero state soddisfatte le condizioni per una condanna, adottando la formula giuridica “il fatto non sussiste”. In tal modo ha accolto le conclusioni difensive avanzate dall’avvocato Giancarlo Damiano, difensore dell’imputato.
Nel pronunciamento si è tenuto conto dell’insieme delle testimonianze, delle ricostruzioni e delle garanzie di difesa, che hanno indotto i giudici a valutare che gli elementi probatori non fossero tali da superare il dubbio ragionevole. L’assoluzione è quindi fondamentalmente basata sull’insufficienza delle prove o sulla loro mancata univocità.Va sottolineato che l’accusa si fondava su dichiarazioni relative ad un lasso di tempo collocato più di un decennio fa, quando la vittima era minorenne e il contesto difficilmente documentabile. L’imputato, che nel frattempo è divorziato dalla madre della bambina, ha sempre contestato le accuse e negato qualsiasi comportamento illecito. La decisione del Tribunale fa emergere le difficoltà che caratterizzano le cause legate agli abusi sessuali su minori: l’elemento probatorio è spesso basato su memoria delle vittime, talvolta su elementi indiretti, e la prova dell’illecito richiede margini di certezza che spesso non possono essere raggiunti. Di fronte al mancato superamento del dubbio, il giudice ha scelto per l’assoluzione.
L’avvocato difensore dell’imputato, Giancarlo Damiano, ha accolto con soddisfazione la sentenza, sottolineando come la scelta del Tribunale confermi la correttezza della strategia difensiva e il principio di presunzione d’innocenza. I legali dell’accusa potranno eventualmente valutare se impugnare la sentenza in grado superiore. Questo caso resta però inserito in un contesto molto delicato, che richiama l’attenzione sull’importanza di garanzie investigative, sulla necessità di un approccio rigoroso nell’esame delle prove e sull’equilibrio fra tutela delle vittime e diritti difensivi. In ogni istanza, il giudizio emesso ha stabilito che non sussistano le condizioni per ritenere provata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità dell’imputato.


